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SHOW TIME - Gino Rivieccio su "NM": "Napoli, la Resurrezione è possibile!"
18.04.2019 17:34 di Redazione

NAPOLI - Gli spagnoli la chiamano la remuntada. In Italia si parla di rivincita. A Napoli la chiamiamo ‘a rimonta. E di rimonte il San Paolo ne ricorda in particolare una: quella del 15 marzo 1989 contro la solita Juve in un quarto di finale di Coppa Uefa. Anche lì all’andata a Torino finì per 2 a o. Ma al ritorno, complice uno stadio esaurito in ogni ordine di posto (io per l’euforia al gol di Renica al 119’ mi ritrovai scaraventato dalla tribuna in curva A tra le braccia di Armando, una guardia giurata), la titanica impresa riuscì e il giorno dopo tutti a parlare di serata epica. Anche Armando, che cominciò a telefonarmi per parecchie settimane pur di strapparmi un appuntamento: l’abbraccio in curva gli aveva fatto credere qualcos’altro. Qualcuno potrebbe obiettare che all’epoca al ritorno avevamo Careca e Maradona e oggi abbiamo Ounas e Younes che non sono proprio la stessa cosa. Ma abbiamo anche Mertens e Insigne, Milik, Allan e Verdi. Il punto è capire davvero come sta in questo momento il Napoli. A me più che l’Arsenal, squadra fortissima ma con qualche sbavatura in difesa, agita la condizione degli azzurri che dovranno fare appello a tutte le loro forze per ribaltare il pronostico. Né si potrà chiedere alla curva di scendere al loro posto in area di rigore. Lo stadio farà sicuramente la sua parte, sarà il famoso dodicesimo in campo, ma alla fine chi dovrà calciare in porta, chi dovrà smarcarsi al limite dei sedici metri, chi sarà obbligato a chiudere ogni varco nelle retrovie, non saranno Gennariniello e Salvatore della curva B o l’ingegnere Accardo della Tribuna Posillipo. Alla fine i tre palloni dentro, senza subirne neanche uno, dovranno metterli Milik e Fabian, il catenaccio alla porta dovrà applicarlo Meret con la complicità di Maksimovic e Koulibaly. Forse mai come in questo momento l’esigenza di avere un leader nello spogliatoio oltre che in campo è molto forte. Diego sapeva caricare la squadra durante la settimana, corroborava la sfida di significati, scomodava la storia, le Falkland, il razzismo, insomma motivava anche chi notoriamente era distaccato dal calcio. Ecco, forse quello che è mancato in queste ore è proprio il carisma di qualche azzurro che avesse fatto capire quanto fosse importante questa serata. Il ritorno, capitato di giovedì santo, dopo lo struscio e i sepolcri dovrebbe far intuire che la Resurrezione è possibile. Spesso sono più deludenti le sorprese che escono dalle uova pasquali (e i bambini ne sanno qualcosa) che quelle che nascono sui campi di calcio. Ragazzi credeteci. Pensate a Diego e a quel fatidico 15 marzo e credeteci. I miracoli ogni tanto si avverano, soprattutto nella terra dei miracoli.

 

 

Gino Rivieccio

 

Napoli Magazine
 

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com

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SHOW TIME - Gino Rivieccio su "NM": "Napoli, la Resurrezione è possibile!"

di Napoli Magazine

18/04/2024 - 17:34

NAPOLI - Gli spagnoli la chiamano la remuntada. In Italia si parla di rivincita. A Napoli la chiamiamo ‘a rimonta. E di rimonte il San Paolo ne ricorda in particolare una: quella del 15 marzo 1989 contro la solita Juve in un quarto di finale di Coppa Uefa. Anche lì all’andata a Torino finì per 2 a o. Ma al ritorno, complice uno stadio esaurito in ogni ordine di posto (io per l’euforia al gol di Renica al 119’ mi ritrovai scaraventato dalla tribuna in curva A tra le braccia di Armando, una guardia giurata), la titanica impresa riuscì e il giorno dopo tutti a parlare di serata epica. Anche Armando, che cominciò a telefonarmi per parecchie settimane pur di strapparmi un appuntamento: l’abbraccio in curva gli aveva fatto credere qualcos’altro. Qualcuno potrebbe obiettare che all’epoca al ritorno avevamo Careca e Maradona e oggi abbiamo Ounas e Younes che non sono proprio la stessa cosa. Ma abbiamo anche Mertens e Insigne, Milik, Allan e Verdi. Il punto è capire davvero come sta in questo momento il Napoli. A me più che l’Arsenal, squadra fortissima ma con qualche sbavatura in difesa, agita la condizione degli azzurri che dovranno fare appello a tutte le loro forze per ribaltare il pronostico. Né si potrà chiedere alla curva di scendere al loro posto in area di rigore. Lo stadio farà sicuramente la sua parte, sarà il famoso dodicesimo in campo, ma alla fine chi dovrà calciare in porta, chi dovrà smarcarsi al limite dei sedici metri, chi sarà obbligato a chiudere ogni varco nelle retrovie, non saranno Gennariniello e Salvatore della curva B o l’ingegnere Accardo della Tribuna Posillipo. Alla fine i tre palloni dentro, senza subirne neanche uno, dovranno metterli Milik e Fabian, il catenaccio alla porta dovrà applicarlo Meret con la complicità di Maksimovic e Koulibaly. Forse mai come in questo momento l’esigenza di avere un leader nello spogliatoio oltre che in campo è molto forte. Diego sapeva caricare la squadra durante la settimana, corroborava la sfida di significati, scomodava la storia, le Falkland, il razzismo, insomma motivava anche chi notoriamente era distaccato dal calcio. Ecco, forse quello che è mancato in queste ore è proprio il carisma di qualche azzurro che avesse fatto capire quanto fosse importante questa serata. Il ritorno, capitato di giovedì santo, dopo lo struscio e i sepolcri dovrebbe far intuire che la Resurrezione è possibile. Spesso sono più deludenti le sorprese che escono dalle uova pasquali (e i bambini ne sanno qualcosa) che quelle che nascono sui campi di calcio. Ragazzi credeteci. Pensate a Diego e a quel fatidico 15 marzo e credeteci. I miracoli ogni tanto si avverano, soprattutto nella terra dei miracoli.

 

 

Gino Rivieccio

 

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